Wong Shun Leung, una delle figure più influenti nel panorama delle arti marziali cinesi del XX secolo, ha espresso con chiarezza la sua filosofia attraverso la frase: “Combatto non per dimostrare il mio Kung Fu ma perché non sono d’accordo con le formalità, l’alchimia e il mistero che aleggia intorno al kung fu cinese.” Questa affermazione, quanto mai attuale, racchiude in sé una riflessione profonda e un richiamo al ritorno alle origini pratiche e realistiche del combattimento.
Le formalità e le cerimonie, spesso parte integrante delle scuole tradizionali di kung fu, possono a volte allontanare dalla realtà del combattimento.
Wong sosteneva che tali formalità rischiano di far perdere di vista l’essenza stessa del kung fu: l’efficacia nel combattimento reale.
Il suo obiettivo era eliminare questi elementi superflui per concentrarsi su ciò che veramente conta in uno scontro: la capacità di essere abili a difendersi e sconfiggere l’avversario in un contesto reale.
L’alchimia, intesa qui come la ricerca di formule segrete e tecniche mistiche, è un altro aspetto che Wong Shun Leung criticava fortemente. E ne aveva ben donde.
Nell’ambito delle arti marziali, l’alchimia può rappresentare l’idea che esistano tecniche esoteriche o insegnamenti nascosti che conferiscono poteri straordinari o energie interne da sviluppare.
Wong vedeva questa concezione come un pericolo, in quanto distrae i praticanti non solo dalla realtà ma da un necessario allenamento rigoroso e scientifico.
Per lui, il vero progresso nel kung fu veniva dall’allenamento costante, dall’esperienza pratica e dalla comprensione delle meccaniche del corpo umano, piuttosto che da segreti arcani.
Il mistero che circonda il kung fu cinese è stato spesso alimentato da film, storie leggendarie di maestri invincibili, abilità sovrumane o poteri mistici.
Wong Shun Leung si opponeva a questa mitologia, ritenendo che contribuisse a una visione distorta e irrealistica delle arti marziali.
Egli credeva che il kung fu dovesse essere demistificato e presentato per quello che è: una disciplina fisica e mentale basata su principi scientifici e logici.
Attraverso il suo insegnamento, Wong ha cercato di rendere il kung fu accessibile e comprensibile, eliminando le illusioni per promuovere un approccio più realistico e tangibile.
L’eredità di Wong Shun Leung si riflette nella sua influenza su molti praticanti e maestri di kung fu, tra cui Bruce Lee, uno dei suoi allievi più famosi. La filosofia di Wong ha contribuito a plasmare il Jeet Kune Do di Lee.
Senza andare così lontano altri suoi allievi diretti hanno divulgato questi principi e questo approccio pratico è logico come il Maestro Philipp Bayer che ha portato in Europa un Ving Tsun logico pratico e privo di misticismo.
Il vero valore del kung fu Ving Tsun risiede nella sua immediata applicabilità pratica e nella capacità di adattarsi alle situazioni reali di combattimento, piuttosto che nella fedeltà a tradizioni ormai superate.
Tutto ciò non è che un invito a riflettere su cosa significa veramente praticare le arti marziali, guardando oltre le apparenze e le promesse irreali così da riscoprire il vero scopo del kung fu: un lavoro duro assiduo e pratico per rendere abili ad affrontare un combattimento reale.
In un mondo dove oggi le arti marziali sono sempre più avvolte da un alone di mistero e mito la visione di Wong rimane per tutti una guida preziosa per tutti coloro che cercano la realtà e l’efficacia nel loro percorso marziale.