Il termine kung Fu (功夫), secondo il sistema di traslitterazione fonetica “Wade-Giles” o Gong Fu secondo il pinyin, è probabilmente la parola più conosciuta al di fuori della Cina per indicare le arti marziali.
Tuttavia, in cinese, questo termine non è nato con tale significato. Letteralmente, Kung Fu si riferisce a “abilità”, “impegno”, “dedizione”, “sforzo” con riferimento anche ad un periodo temporale.
L’uso del termine kung-fu per indicare le arti marziali è un fenomeno relativamente recente, risalente al XX secolo.
La sua prima apparizione documentata nella lingua inglese si trova in un numero della rivista “Punch” del 1966, anche se Bruce Lee aveva già utilizzato il termine Kung Fu in un manoscritto del 1962.
Bruce Lee lo utilizzava per intendere un concetto molto più ampio, al fine di indicare il necessario tipo di approccio all’allenamento, quale piena concentrazione, dedizione, sforzo, impegno e costanza per conseguire un’abilità.
In cinese, un madrelingua usa raramente Kung Fu o Gong Fu per riferirsi alle arti marziali, preferendo invece il termine Wu Shu (武術), che significa letteralmente “arte marziale”.Per cui “Kung Fu” è più “un approccio a..” e non significa “arte marziale” che invece è specificatamente definita “Wu Shu”. La confusione è ulteriormente amplificata dal fatto che in inglese Kung Fu è diventato sinonimo di arti marziali in generale. Il Dizionario Inglese di Oxford (Oxford English Dictionary) addirittura definisce, in modo del tutto fallace, che il “Kung-fu” sia la variante cinese del karate.
In totale disprezzo del fatto che nella cultura cinese ha sempre avuto e mantenuto un significato molto più ampio e meno specifico.Alcuni autorevoli ricercatori hanno scoperto addirittura che solo nel 1984, la parola fu usata in un giornale cinese come esplicito riferimento alle arti marziali. Comunque è pacifico che prima del XX secolo non è stato utilizzato con riferimento alle arti marziali. In realtà in cina il termine che viene utilizzato è, dunque, Wu Shu.
Esso ha origini antiche e appare, per la prima volta, intonro al VI secolo d.C., nell’opera Wen Xuan (文選), un’antologia letteraria compilata durante la dinastia Liang. Prima di allora, un termine simile, wuyi (武藝), veniva utilizzato per indicare abilità marziali. Per inciso, all’epoca, le “arti marziali” erano riferite prevalentemente all’uso di varie tipologie di armi tipiche dell’epoca e non già all’uso di tecniche pugilistiche.
Queste venivano individuate con con il termine “jiji” 技擊.Nel XX secolo, il governo cinese ha scelto wushu come termine ufficiale per gli sport da combattimento ispirati alle arti marziali tradizionali.
Questo uso istituzionale ha contribuito a standardizzare la pratica e a renderla più accessibile a livello internazionale pur perdendo parte della sua complessità culturale e filosofica.
L’utilizzo di diversi sistemi di traslitterazione adottati nel tempo, ha creato ancora piu confusione.
Il sistema Wade-Giles, utilizzato fino alla metà del XX secolo, ha introdotto il termine kung-fu nel lessico occidentale, ma il pinyin – sistema oggi ufficiale in Cina – preferisce la trascrizione gongfu. Questo genera ambiguità, poiché molte persone non familiarizzano con la complessità dei sistemi linguistici e con i contesti in cui i termini vengono usati.
Questa confusione si amplifica quando il termine Kung Fu entra nel cinema e nella cultura popolare. Film e programmi televisivi, pur avendo il merito di diffondere le arti marziali nel mondo, hanno semplificato eccessivamente o distorto completamente il suo significato.
Il termine “kung Fu” è stato depauperato del suo significato originario, legato all’impegno, alla dedizione alla costanza e all’abilità, reinterpretato e popolarizzato come sinonimo di arti marziali o addirittura come alter ego cinese delle arti marziali giapponesi, spesso perdendo la profondità culturale e filosofica che lo caratterizza.
Oggi, un approccio consapevole potrebbe restituire dignità e autenticità a concetti che, seppur generalizzati o globalizzati, meritano di essere compresi nella loro essenza originaria