di Enrico Ferretti
Nelle Arti Marziali Cinesi esistono tutta una serie di termini e concetti che indicano esercizi, principi tattici, didattici e metodologici.
Il riuscire a tradurli in termini normalmente in uso al giorno d’oggi (“moderni”) o spiegarne i reali contenuti è fondamentale per non generare confusione, false aspettative, o creare vere e proprie “leggende metropolitane”, anche in buona fede. Ciò permette inoltre di confrontarsi e comprendersi con tutte le altre pratiche marziali, evitando l’effetto “segregazione volontaria” in cui molti insegnanti tendono a relegare la pratica per svariati motivi.
In tale ottica ho realizzato una serie di brevi note per chiarire in cosa consistano detti elementi del Pugilato Cinese da un punto di vista prettamente tecnico.
Nota preliminare: nel testo uso termini che rimandano a tutta una serie di concetti e conoscenze da addetti ai lavori, non per magnificarmi ma in quanto indicano elementi assolutamente precisi, stringenti e comuni a tutte le pratiche marziali.
Chi Sao 黏 手, Nian Shou 黏 手, Zhan Gong 粘 功 e Tui Shou 推 手 sono esercizi comuni a molte pratiche. A seconda dei parametri esecutivi l’obbiettivo principale ( scopo) dell’esercizio può variare, come pure gli obbiettivi secondari ( es.: struttura, uso del gomito, angoli e linee, rapidità d’azione, coordinazione oculo-segmentaria, ecc.). Ciò che non può cambiare è la sostanza di tali esercizi, che nel loro complesso sono sempre “mezzi di allenamento speciali” a sfondo coordinativo in cui si usa il partner per fornire stimoli allenanti.
Pur nella loro complessità, particolarità e , diciamolo pure, nel fascino che possono suscitare non possono e non devono essergli attribuiti valori e risultati che travalichino il loro ambito: nessuno di questi esercizi è utile se non poggia su solide basi di preparazione fisica, tecnica, tattica e mentale al combattimento.
Come sempre oltre un certo livello il “transfer” che un esercizio può dare sulle qualità target va a scemare, fino ad annullarsi. Ciò significa che pur diventati bravi nell’esercizio questo non ha più ricadute pratiche apprezzabili, non contribuisce più al miglioramento.
Per continuare a progredire, oltre a variare “parametri del carico” e ” modalità esecutive” degli esercizi, è obbligatorio abbinarli a tutta una serie di altri mezzi di allenamento con “specificità” via via maggiore.
Occorre, cioè, una “progressione didattica” sia per l’esercizio che per tutta la pratica nel suo complesso. Ecco dunque che, se si rispetta la “regola della progressione” (da generale a specifico, da analitico a sintetico, da volume a intensità, da facile a difficile), ogni esercizio si manterrà allenante e aumenterà le capacità di usare in combattimento il bagaglio tecnico-tattico.
Avremo così, ad esempio, varie forme esecutive di Chi Sao ( dalle più semplici alle più complesse), abbinati a varie tecniche e combinazioni a distanza sui temi allenati, che varieranno poi per opposizione del compagno e intensità dello scambio, fino a sparring condizionizionati e parziali e, da ultimo, l’uso libero del tutto in “sparring competitivo” col partner.
La percentuale del tempo totale di allenamento dedecita ai lavori coordinativi, a contatto e non, sarà maggiore all’inizio della pratica e per i principianti. Man mano che il livello del praticante aumenta e le qualità allenate diventano parte della sua natura si dedicherà sempre più tempo alle pratiche più specifiche e libere.
La progressione funge anche da verifica dei lavori fatti dando indicazioni su risultati, punti su cui lavorare, possibili modifiche al percorso didattico, ecc.